Didattica a distanza per gli alunni disabili, i docenti di sostegno: serve empatia e tanta “presenza”

’emergenza coronavirus e la conseguente sospensione delle attività didattiche hanno portato gli insegnanti italiani ad adottare, seppur con molte difficoltà, la didattica a distanza.

La nostra testata sta raccontando di tantissimi esempi sparsi in tutta Italia in cui docenti di ogni ordine e grado stanno provando a mantenere viva l’attività didattica utilizzando quello che hanno a disposizione e spesso anche facendo ricorso alla propria inventiva.

Uno dei primi problemi legati alla didattica a distanza, segnalato anche in precedenza, è la modalità da attivare con gli alunni disabili: infatti, non è semplice continuare a fare lezione con alunni autistici, ad esempio, se non si è in presenza.

Ciò però non sta scoraggiando gli insegnanti, specialmente quelli di sostegno, che se dal punto di vista didattico sono ancora in rodaggio, dal punto di vista emotivo ed empatico stanno facendo l’impossibile per non far mancare il loro supporto e la loro presenza agli alunni disabili.

Abbiamo raccolto, grazie all’aiuto del MiSoS, l’associazione docenti specializzati di Sostegno, alcune testimonianze di come questi docenti stiano portando avanti la loro didattica.

Il sostegno ai tempi del Coronavirus va oltre il tempo e lo spazio, usa ogni mezzo e arriva ai nostri ragazzi speciali. Sono Daniela, insegnante specializzata su sostegno, lavoro in un istituto superiore: la mia alunna che chiameremo Maria ha un ritardo medio-grave ed è molto legata a me, mentre la classe ha uno spazio virtuale dove incontrarsi lei no. Allora mi sono inventata un metodo che mi permettesse ora più che mai di essere il collegamento fra Maria e la classe: ogni giorno le mando schede e lavoretti da svolgere oltre che filmati didattici in modo da curare la didattica, Maria è parte attiva di questa situazione nel momento in cui mi rimanda il feedback del lavoro svolto attraverso le foto del suo quaderno. Il tutto è accompagnato da continui messaggi vocali e foto che vanno dal semplice “ti voglio bene” passando per i diversi “mi manchi professoressa” per poi arrivare a “lavoriamo per stare vicini anche da lontano”. Tutti i nostri lavori lì sto raccogliendo in una cartella che inserirò sulla piattaforma virtuale così anche Maria ci sarà“.

Sono una docente incaricata di scuola primaria, specializzata sul sostegno, quest’anno sto lavorando su un bambino autistico di 6 anni, in una classe prima. Il bambino non ha particolari problemi a livello cognitivo, le difficoltà riguardano prevalentemente l’area relazionale e l’area linguistica. Per quanto concerne, l’ambito didattico- disciplinare, a causa di una scarsa disponibilità di mezzi, non è stato possibile attuare una classe virtuale, ad ogni modo, la scuola si è attivata per promuovere un percorso di didattica a distanza. Attraverso il registro elettronico e il sito della scuola, stiamo inviando compiti e attività, che concordiamo telefonicamente, effettuando una programmazione a distanza. Il mio alunno segue la programmazione di classe. Oltre all’aspetto didattico-disciplinare, così come avveniva anche a scuola, il mio lavoro è sempre stato improntato sulla costruzione di una positiva relazione educativa; utilizzando modalità differenti di comunicazione e di linguaggio. In tal senso, mi sono attivata anche in questa circostanza, non facile, soprattutto per bambini che hanno patologie come l’autismo: appena appresa la notizia della chiusura, mi sono accordata con la madre per una videochiamata, poiché per i bambini autistici è fondamentale il contatto visivo;  ho spiegato al mio alunno i motivi per i quali non stavamo andando a scuola e soprattutto, lui ha potuto vedere che io “non ero sparita”, come lui stesso mi aveva fatto notare. Così, anche in accordo con la madre, abbiamo preso l’impegno di sentirci quotidianamente, attraverso messaggi vocali, nel quale il bambino mi racconta la sua giornata, in modo da favorire sia l’aspetto comunicativo, che relazionale. Infine, è da sottolineare che l’alunno, com’è possibile avvertire dal vocale, fa uno sforzo enorme nell’esprimersi, nonostante ciò, è contento di farlo, ed essendo anche oppositivo, posso assicurare che è molto difficile fargli fare qualcosa che non vuole. Ciò dimostra che la scuola, intesa come struttura, i libri, intesi come contenuti, non sono sufficienti, a mio avviso, se non c’è passione, professionalità, e se non si hanno competenze relazionali, nonché continuità didattica, è molto difficile che un docente possa riuscire“.
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